Torniamo a raccontare un po’ di storia della finanza e di quelle che sono state le più grandi crisi della storia.
Ci siamo lasciati con la bolla immobiliare in Florida del 1920, sviluppata sino al 1926 e che poi si è trasformata nella crisi del 1929. La più grande della storia, con il crollo di Wall Street e l’inizio della Grande Depressione.
Gli inizi degli anni’20 furono caratterizzati da un forte boom economico, caratterizzato dallo sviluppo tecnologico, automobilistico e delle costruzioni.
Il settore immobiliare, come detto nell’episodio della bolla in Florida, era stato uno dei principali motori della crescita economica.
Questa crescita esponenziale aveva portato l’indice Dow Jones della Borsa americana, dal 1922 al 1929, ad un aumento superiore al 500%.
In questo periodo è stato coniato il termine “i ruggenti anni venti”, da quanto era la crescita industriale e culturale.
La Federal Reserve, dal 1927, aveva immesso grossi quantitativi di liquidità a disposizione delle banche e conseguentemente delle persone.
Con il boom in atto, questa liquidità veniva indirizzata all’acquisto di titoli azionari, innescando l’impennata delle quotazioni basate sulle prospettive di crescita dei profitti delle aziende ed economica. Queste fasi sono state amplificate dagli speculatori alla ricerca di facili e veloci guadagni.
Questo venne accentuato dal fatto che molti investitori acquistavano azioni a “riporto”.
La tecnica del “riporto” consisteva in contratti instaurati tra gli agenti da cambio e gli investitori, i primi fornivano la liquidità per acquistare le azioni e i secondi rilasciavano le stesse azioni in garanzia.
Operazione che si concludeva nell’arco del mese borsistico con il pagamento dei relativi interessi.
Gli agenti di cambio, a loro volta, si finanziavano con le banche mettendo a garanzia i titoli a “riporto”, che gli avevano lasciato in garanzia i propri clienti.
Insomma un bel circolo vizioso che poteva sorreggersi soltanto con una crescita costante delle quotazioni, considerate che i tassi d’interesse sui prestiti raggiunsero il 20% nel giugno del 1929.
Quindi la crescita dei titoli doveva essere superiore per avere un guadagno da queste operazioni.
La tecnica del “riporto”, è rimasta in atto anche sulla Borsa italiana fino agli anni ’90. Periodo dove ancora la liquidazione delle compravendite azionarie avveniva a termine, fine mese, e non in contanti, tre giorni, come avviene adesso.
Le prime avvisaglie si avvertirono a marzo del 1929, ma fu a settembre dello stesso anno che iniziò la vera inversione di tendenza, e arriviamo a ottobre.
Inizia la discesa e inizia il panico tra gli investitori, il 24 ottobre (il giovedì nero), il 28 ottobre e infine il 29 ottobre (il martedì nero) si assistette a vendite incontrollate portando l’indice Dow Jones a perdere il 43% in un mese.
Le vendite erano fuori controllo, molti speculatori dovevano rientrare dei prestiti ottenuti per acquistare le azioni e questo ebbe ripercussioni sulle banche che avevano concesso prestiti agli operatori.
Le persone preoccupate per i lori depositi, iniziarono la corsa per ritirarli. Portando la Bank of United States, uno dei principali istituti, alla bancarotta.
Crollo della produzione industriale e crollo delle materie prime, la fragile economia basata su eccessive valutazioni stava crollando.
Il tutto sommato al calo dei paesi europei, causa le conseguenze della guerra, nell’importare beni e prodotti dagli Stati Uniti. Portò quest’ultimi all’introduzione di dazi che non fecero altro che portare al collasso il commercio internazionale.
Da qui l’effetto contagio a livello mondiale con ripercussioni sul mondo del lavoro, facendo arrivare la disoccupazione al 25%. L’inizio della Grande Depressione.
Per vedere la ripresa dell’economia statunitense dobbiamo attendere il 1933 con il New Deal, il programma di riforme economiche adottato dal nuovo presidente Roosvelt.
Prevedeva:
- abbandonare il valore di parità dell’oro e svalutare il dollaro del 40%, per diminuire i debiti e avere maggior competitività nelle esportazioni;
- ricostruzione, lavori pubblici che portarono all’aumento occupazionale;
- vantaggi e sistema di assicurazioni per i lavoratori, tassando i più ricchi;
- aumento degli stipendi e riduzione degli orari di lavoro;
- riconoscimento dei sindacati da parte dei datori di lavoro;
- controlli della Borsa, del mercato azionario e del sistema bancario.
Programma che venne messo in atto dal 1933 al 1937 e che permise agli Stati Uniti di venir fuori da uno dei periodi più brutti della storia economica.
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Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.
La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi.
La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura.
È nella crisi che sorgono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie.
Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere “superato”.
Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e da più valore ai problemi che alle soluzioni.
La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza.
L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie d’uscita.
Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia.
Senza crisi non c’è il merito.
È nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze.
Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.
Albert Einstein