All’inizio dello scorso mese i mercati finanziari globali sono stati scossi da un evento che ha riportato alla mente le giornate più nere della storia economica recente. In pochi giorni, le principali borse mondiali hanno subito un calo di oltre 6.000 miliardi di dollari di capitalizzazione. Un crollo che ha colpito non solo gli operatori istituzionali, ma anche milioni di risparmiatori comuni, lasciando dietro di sé un misto di preoccupazione, confusione e bisogno urgente di capire.
Tutto è iniziato con una decisione politica inaspettata. Il 2 aprile, l’amministrazione americana ha annunciato un pacchetto di dazi doganali senza precedenti, colpendo tutte le importazioni con una tariffa del 10%, e imponendo addirittura tariffe fino al 54% su numerosi prodotti cinesi. La motivazione ufficiale? Riequilibrare la bilancia commerciale e rilanciare la produzione nazionale. Tuttavia, l’effetto immediato sui mercati è stato devastante. Le catene di approvvigionamento globali sono state messe sotto pressione, numerose aziende hanno dovuto rivedere i propri piani industriali e i costi di produzione sono schizzati verso l’alto. Il mondo finanziario ha reagito come spesso accade in questi casi: vendendo.
Le vendite sono state rapide, violente, innescando una reazione a catena tra stop-loss, algoritmi di trading automatico e panico da parte degli investitori. Il Dow Jones ha perso oltre 4.000 punti in due sedute, mentre il Nasdaq è scivolato in quella che in gergo si chiama fase di “mercato orso”, cioè una discesa superiore al 20% dai massimi recenti. La reazione è stata particolarmente dura perché il mercato era già in una fase di ipervalutazione: i rapporti prezzo-utili dell’S&P 500 avevano raggiunto livelli storicamente elevati, alimentati dall’ottimismo post-pandemico e da politiche fiscali espansive.
Ma l’elemento più critico non è stato solo l’annuncio dei dazi, quanto il messaggio politico che ne è derivato. I mercati hanno percepito un indebolimento delle regole multilaterali che avevano garantito una certa stabilità negli scambi internazionali. La sospensione di alcuni accordi di cooperazione finanziaria, come i meccanismi di swap dollaro tra banche centrali, ha diffuso un senso di incertezza sistemica. Le istituzioni finanziarie internazionali, temendo restrizioni alla liquidità globale, hanno ridotto il proprio rischio in modo drastico.
Contemporaneamente, anche i dati macroeconomici americani hanno contribuito ad aumentare il pessimismo, con il Prodotto Interno Lordo del primo trimestre 2025 che ha registrato una contrazione dello 0,3%, il primo segnale di rallentamento dopo due anni di crescita sostenuta. Le spese pubbliche si sono ridotte e molte imprese, in attesa dei dazi, avevano già accumulato scorte nei mesi precedenti, frenando la produzione. Il risultato è stato un contesto perfetto per una crisi di fiducia.
Molti piccoli investitori, colti di sorpresa, hanno reagito nel peggiore dei modi: vendendo in panico. Questo comportamento, noto come “capitulation”, porta spesso a realizzare perdite proprio nel momento peggiore. Nonostante gli sforzi di alcuni consulenti finanziari per invitare alla calma e a mantenere la rotta, la paura ha avuto il sopravvento.
Un altro aspetto interessante di questa crisi è stato il comportamento degli algoritmi e dei modelli di asset allocation automatica. Molti portafogli, gestiti tramite sistemi predittivi, hanno automaticamente ridotto l’esposizione a titoli azionari ciclici, spostandosi verso obbligazioni governative e oro. Tuttavia, anche questi asset non sono riusciti a garantire protezione: i rendimenti obbligazionari sono saliti bruscamente, erodendo il valore dei titoli già in portafoglio, mentre l’oro ha registrato una crescita limitata.
Nel frattempo, la Fed si è trovata in una posizione delicata. Da un lato, l’inflazione restava sopra il target del 2%, impedendo tagli immediati dei tassi. Dall’altro, la crisi di fiducia nei mercati finanziari richiedeva un segnale rassicurante. Il presidente Powell ha dichiarato che l’istituto è pronto a intervenire in caso di ulteriore deterioramento delle condizioni finanziarie, ma per il momento non ci sono state modifiche al tasso di riferimento.
Anche in Europa si sono avvertite le scosse. L’indice EuroStoxx 50 ha perso oltre il 9% in una settimana, trascinato soprattutto dal settore automobilistico e da quello bancario, entrambi fortemente esposti alle dinamiche commerciali globali. La Banca Centrale Europea, pur non intervenendo direttamente, ha monitorato attentamente l’evoluzione dei mercati e ha avviato consultazioni informali con le principali banche sistemiche.
Tra le notizie emerse nei giorni successivi, ha fatto discutere la decisione della Cina di introdurre contromisure simmetriche, con un aumento dei dazi sulle importazioni americane, in particolare nel settore agricolo e tecnologico. Questa escalation ha confermato il timore di molti analisti: siamo di fronte a una nuova “guerra commerciale”, più estesa e meno prevedibile di quella del 2018.
Sul fronte energetico, il petrolio ha subito un calo significativo, passando da oltre 82 dollari a circa 75 dollari al barile. Questo riflette non solo l’attesa di un rallentamento della domanda globale, ma anche la scelta di alcuni paesi OPEC di non ridurre la produzione, nel tentativo di non perdere quote di mercato.
E dopo cosa è accaduto? Facciamo un’analisi dell’andamento delle principali asset class dall’inizio di quest’anno sino alla chiusura del 2 maggio.
INDICI | |
IBEX 35 | +15.97% |
DAX | +15.96% |
Hang Seng | +12.19% |
FTSE MIB | +11.79% |
FTSE 100 | +6.30% |
Swiss Index | +5.63% |
CAC 40 | +5.28% |
Nifty 50 | +2.82% |
AEX-INDEX | +2.16% |
Shanghai Composite | -2.17% |
Dow Jones | -2.87% |
S&P 500 | -3.66% |
Nasdaq 100 | -4.33% |
Nikkei 225 | -7,68% |
MATERIE PRIME | |||
Oro | +23.42% | ||
Argento | +10.80% | ||
Rame | +6.81% | ||
Platino | +6.50% | ||
Palladio | +4.93% | ||
Semi di soia | +2.62% | ||
Mais | -1.07% | ||
Grano | -6.27% | ||
Olio combustibile | -9.75% | ||
Gasolio | -13.38% | ||
Brent | -16.31% | ||
WTI | -16.73% | ||
Gas naturale | -34.96% | ||
USD/EUR | -8.40% | ||
YTD % | ||
1 | Bitcoin | -3,27 |
2 | Ethereum | -45,07 |
3 | Tether | -0,23 |
4 | XRP | -6,08 |
5 | BNB | -14,74 |
6 | Solana | -21,68 |
8 | Dogecoin | -43,15 |
9 | Cardano | -16,68 |
10 | TRON | -2,47 |
Se analizziamo i dati, l’impatto maggiore sui mercati globali e su quello americano è dovuto all’andamento del Dollaro USA. Che rispetto all’Euro, la nostra valuta di negoziazione, è sceso dell’8,49%.
Di conseguenza questa crisi ci ricorda una lezione fondamentale: la finanza non è solo numeri e grafici. È anche emozione, politica, percezione.
Per questo è importante costruire portafogli diversificati e soprattutto essere preparati mentalmente ad affrontare le fasi di turbolenza.
L’informazione e l’educazione finanziaria sono gli strumenti migliori che abbiamo per evitare reazioni istintive e proteggere i nostri obiettivi a lungo termine.
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La citazione di oggi è la seguente:
La bruttezza della parola dazio, in un mondo dove è tutto un pagar dazio: al destino, agli anni, allo Stato.
Fabrizio Caramagna