Nell’arco della storia economica, le crisi finanziarie hanno costantemente seguito il ritmo dello sviluppo e della crescita. Molte di queste crisi sono state connesse, in modo più o meno diretto, a bolle speculative nel settore immobiliare. Questo legame può essere spiegato osservando come l’investimento in beni immobili sia spesso percepito come un rifugio sicuro, portando a investimenti massicci e a volte irrazionali in tale settore. Di seguito, esploreremo alcune delle crisi più significative e come queste abbiano avuto legami con il mercato immobiliare.
La Grande Depressione, iniziata con il crollo della borsa del 1929, è forse la crisi economica più famosa della storia. Negli anni ’20, c’era stata una bolla immobiliare, in particolare in Florida, dove i prezzi raddoppiavano o triplicavano in poco tempo, portando molti acquirenti a comprare i terreni solo a fini speculativi. Basti pensare che un terreno acquistato a 1.700$ nel 1920 fu venduto a 300.000$ nel 1925.
Tuttavia, dopo l’arenamento della nave Prinz Valdemar nel canale di Miami, ci fu un panico generale che portò alle vendite degli immobili anche a prezzi ben più bassi rispetto a quando erano stati acquistati. Lo scoppio di questa bolla ha contribuito all’instabilità finanziaria che ha contribuito al crollo del mercato azionario.
Andando verso la crisi del petrolio degli anni ’70, la quale portò a economie in stagnazione e inflazione elevata. Anche se l’evento scatenante fu la guerra del Kippur e l’embargo petrolifero da parte dell’OPEC, i mercati immobiliari mondiali ne risentirono. Un vertiginoso aumento dei costi di costruzione, rendendo l’edilizia e l’acquisto di case meno attraenti e facendo crollare i prezzi, assieme alla crisi generale che scaturì in quegli anni.
Negli anni ’80, il Giappone ha vissuto una crescita economica impressionante, sostenuta da un’enorme bolla speculativa nel settore immobiliare. Quando la bolla è scoppiata nei primi anni ’90, le banche si sono ritrovate con enormi quantità di prestiti inesigibili legati a proprietà immobiliari svalutate. Ciò ha portato a un lungo periodo di stagnazione economica nel Giappone, che è durato per oltre una decade.
Non molti anni dopo, fra il 1997 e il 1998, una crisi finanziaria colpì le economie asiatiche cosiddette “tigri”, tra cui Thailandia, Indonesia e Corea del Sud. Queste economie avevano conosciuto un boom di investimenti stranieri, molti dei quali si erano riversati nel settore immobiliare, causando una bolla. Quando la fiducia degli investitori vacillò, la fuga di capitali causò il crollo delle valute e il crollo del settore immobiliare in tutta la regione.
Per quanto concerne il nuovo millennio, la crisi più emblematica e conosciuta legata direttamente al mercato immobiliare è stata la crisi finanziaria globale, la Grande Recessione iniziata fra il 2007 e il 2008, innescata dalla crisi degli ora celebri mutui subprime negli Stati Uniti. Con la crescita esponenziale dell’utilizzo di questi mutui nel mercato, il rischio associato a questi prestiti è stato distribuito in tutto il sistema finanziario globale. Quando è diventato chiaro che molti di questi prestiti non sarebbero stati rimborsati, è scoppiata una crisi di fiducia e bancaria, portando al collasso per prima di grandi istituzioni americane dedicate alla vendita di questi prodotti, prima fra tutti la Lehmann Brothers, e una recessione globale a livello mondiale su tutti i fronti tale che già nel 2009 il FMI stimava perdite pari a 4100 miliardi di dollari.
Avvicinandoci ai giorni odierni, non dimentichiamo anche i recenti problemi che hanno martoriato il mercato immobiliare in Cina, soprattutto il crac del colosso Evergrande, frutto di una gestione spregiudicata dell’azienda e del freno al boom immobiliare imposto da Pechino a seguito di una domanda così elevata che, al momento del fallimento, Evergrande doveva consegnare ancora 720.000 immobili ai vari proprietari. Dato che li aveva venduti ancor prima di costruirli.
Queste crisi, anche se differenti fra loro in termini di origini e portata, presentano alcune similitudini. Il loro minimo comun denominatore è il settore immobiliare e la tendenza da parte delle persone a sottovalutare i suoi rischi. Spesso si presume che i prezzi delle proprietà continueranno a salire, anche quando ci sono chiari segnali di sovravalutazione. In secondo luogo, la complessità e l’interconnessione del sistema finanziario moderno significa che i problemi nel settore immobiliare possono facilmente diffondersi ad altre aree dell’economia. A livello nazionale, regionale, o mondiale.
Anche la situazione odierna non fa eccezione: con l’inflazione e la crisi economica che stanno tormentando l’Occidente, al momento l’Italia deve far fronte ad una forte speculazione edilizia in questi ultimi anni dovuta anche ad alcune politiche come il Superbonus 110%, sul quale molte persone hanno marciato portando ad un aumento dei prezzi dei materiali utilizzati nel settore, accentuata ulteriormente dalla crisi energetica dello scorso anno, conseguendo in un aumento del debito dello Stato.
Così facendo, considerando anche la crisi sopracitata, Palazzo Chigi si trova con meno risorse a disposizione di quanto previsto, rallentando una potenziale ripresa.
A prescindere dai propri ideali politici, si tratta di un problema anche da un punto di vista puramente matematico: se l’ammontare delle risorse governative odierne in termini di soldi è più basso di quanto previsto, sarà possibile fare meno cose.
E tutto questo, come nel passato, per ottimismo e manovre collegate all’edilizia.
La storia ci ha mostrato che ignorare i segnali di avvertimento di questo settore può avere conseguenze devastanti non solo per l’economia, ma anche per la società nel suo complesso.
Non dobbiamo lasciarci travolgere dall’impressione di guadagni facili, o presunti tali. Se qualcosa cresce di valore a un livello apparentemente smisurato, prima o poi ci sarà un evento che cambierà radicalmente le carte in tavola e l’edilizia è un settore storicamente martoriato da questi eventi che portano a crisi.
Ciò che possiamo fare e pianificare in anticipo, su qualunque fronte di investimenti, invece di correre il rischio di finire come nelle crisi trattate.
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Harvey MacKay