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La possibile fine della Nuova Via della Seta in Italia

La scorsa settimana è stata rilasciata un’importante dichiarazione da parte del Ministro della Difesa italiano Guido Crosetto in un’intervista al Corriere della Sera, il quale ha definito il memorandum fra Italia e Cina riguardante la Belt and Road Initiative (progetto più conosciuto come “la nuova via della seta”), firmato nel 2019 dal governo Conte I e in scadenza a marzo 2024, “una decisione improvvisata e atroce.”

Secondo l’accordo siglato, servono almeno tre mesi di preavviso per tirarsi fuori e non rinnovare automaticamente l’accordo. Quindi il governo, come dichiarato dalla stessa Presidente del Consiglio Meloni in un’intervista all’emittente americana Fox News, ha tempo fino a dicembre per comunicare la decisione finale a Pechino e uscire da questa nuova Via.

Come risposta, l’ambasciatore della Repubblica Popolare in Italia e a San Marino Jia Guide già qualche mese fa in un’intervista aveva dichiarato che un’uscita da questo memorandum avrebbe “smorzato l’entusiasmo della cooperazione in molti ambiti, tra cui quello politico, economico-commerciale e culturale,” temendo in una ripercussione negativa sull’immagine dell’Italia, sulla sua credibilità e prospettive di cooperazione con il gigante asiatico.

Per ricordare di cosa si tratta, la Nuova Via della Seta è un progetto annunciato da Pechino a fine 2013 per migliorare i collegamenti via terra e via mare della Cina con l’Europa e l’Africa, rafforzando il rapporto commerciale.

Potete ascoltare la puntata del 14 aprile 2019 dove ho spiegato le caratteristiche e quelle che erano le opportunità: https://traffic.megaphone.fm/MNTHA6026340472.mp3

Tre anni fa si calcolava che questi accordi avrebbero influenzato circa il 40% del PIL mondiale e il 65% della popolazione della Terra. Insomma, numeri molto alti per questo tentativo da parte di Pechino di combattere la globalizzazione di matrice americana.

L’Italia è l’unico paese fra i membri del G7 ad aver aderito a questo progetto, pur non essendo il principale partner commerciale di Pechino fra le sette nazioni. Il che, secondo il governo, giustifica ulteriormente la possibilità di mantenere buoni rapporti con la Cina anche senza l’adesione a questa loro iniziativa.

Oltre a ciò, molti esperti e economisti di ogni schieramento politico non hanno parlato di possibili ritorsioni da parte di Xi Jing Ping in caso di abbandono, in una fase nella quale le relazioni sino-europee in generale sono traballanti a causa della guerra in Ucraina e di alcuni atteggiamenti colonizzatori da parte di Pechino. Anche perché farebbe passare l’adesione alla via della seta come un metaforico cappio da cui non poter uscire senza ritorsioni, oltre a peggiorare l’opinione pubblica nei confronti di Pechino.

Tuttavia teniamo conto anche del non detto, delle altre ragioni riguardanti questa decisione.

È chiaro che, anche dopo l’ultimo recente vertice dei membri del G7 a Hiroshima, Roma deve mostrarsi un alleato fedele verso gli altri Stati membri, rassicurandoli riguardo una potenziale influenza proveniente da Pechino. Soprattutto verso gli Stati Uniti, i quali non vedono di buon occhio adesioni con il rivale cinese.

Restare nell’orbita d’influenza cinese indispettisce la Casa Bianca, ma allo stesso tempo il governo Meloni non vuole rompere definitivamente con la Cina anche per non danneggiare le aziende italiane. Forse saranno firmati con il dragone altri accordi, ma stavolta unicamente commerciali.

In generale si tratta purtroppo di un’occasione persa, considerando i tanti investimenti che la Cina sta portando negli stati già coinvolti in questa Via della Seta. Benché sia vero che questi accordi non sono avvenuti senza controversie (basti pensare alle attrezzature militari cinesi stanziati in alcuni porti dell’Africa a protezione delle infrastrutture), resta comunque un progetto da cui le aziende italiane potevano trarre profitto negli anni a venire, considerando già la presenza di circa 60 miliardi di euro di importazioni cinesi in Italia ogni anno.

Quando questa uscita avverrà ufficialmente, forse potrà essere una vittoria da un punto di vista diplomatico, con l’Italia che mostra fedeltà agli alleati occidentali senza respingere in maniera totale le avance commerciali di Pechino. Ma è comunque un altro caso, e ne abbiamo visti tanti dallo scoppio della guerra l’anno scorso, in cui l’alleanza con gli Stati Uniti si sta rivelando un’arma a doppio taglio che preclude alcune opportunità di crescita altrimenti accessibili.

Il tempo ci dirà chi aveva ragione: chi aveva firmato il memorandum cinque anni fa con l’idea di prolungarlo dopo o chi oggi pianifica di porre fine al passaggio della Nuova Via della Seta attraverso l’Italia.

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Lasciate dormire la Cina, perché quando la Cina si sveglierà, tremerà il mondo intero.
Napoleone Bonaparte

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