La scorsa settimana Mario Draghi, ex Presidente della Banca Centrale Europea e già Primo Ministro italiano, ha presentato il tanto atteso rapporto sulla competitività dell’Unione Europea affidatogli dalla Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen nell’autunno dell’anno scorso, che ha sollevato riflessioni cruciali per il futuro economico del continente.
Il suo messaggio è chiaro: l’Europa ha bisogno di un drastico aumento degli investimenti per evitare una “lenta agonia” economica. Si parla di circa 800 miliardi di euro annui per raggiungere gli obiettivi di crescita e sostenibilità previsti, una cifra che si aggira intorno a più del 4% del PIL dell’intera Unione.
A titolo di confronto, gli investimenti del Piano Marshall, che nel dopoguerra sostennero la ricostruzione europea, rappresentavano solo il 2% del PIL complessivo dell’epoca degli Stati Uniti. Oggi l’Europa si trova a dover affrontare una sfida di proporzioni ben maggiori.
Questo enorme fabbisogno di investimenti deriva da una serie di fattori, tra cui la necessità di digitalizzare l’economia, ridurre le emissioni di carbonio e compensare la stagnazione demografica che sta caratterizzando e caratterizzerà l’UE nei prossimi decenni.
Ciò significa la necessità di puntare fortemente sulla produttività per mantenere il livello di crescita economica, ma non solo: l’Unione deve fare di più se vuole sostenere il proprio modello sociale, diventare leader nelle nuove tecnologie e rimanere competitiva a livello globale.
Uno dei punti centrali del rapporto riguarda il ruolo del settore privato negli investimenti produttivi. Storicamente, circa l’80% degli investimenti in Europa è stato finanziato dal settore privato, mentre il restante 20% è stato sostenuto dal settore pubblico.
Ma la situazione attuale richiede un maggiore coinvolgimento di quest’ultimo, sia per stimolare gli investimenti privati che per garantire una distribuzione più equa delle risorse. In particolare, l’ex capo dell’Eurotower propone l’emissione di Eurobond, uno strumento di debito pubblico comune che potrebbe fungere da “asset sicuro” per finanziare progetti europei di lungo termine.
L’idea di un titolo di debito pubblico comune non è nuova, ma continua a suscitare dibattito tra i Paesi membri dell’UE. Tale strumento è ritenuto essenziale per raggiungere gli obiettivi economici dell’Unione e per garantire che gli investimenti necessari vengano effettivamente realizzati.
Un altro aspetto cruciale del rapporto è il confronto tra i risparmi delle famiglie europee e quelle statunitensi. Nel 2022 i risparmi delle famiglie dell’UE ammontavano a 1.390 miliardi di euro, una cifra ben più alta degli 840 accumulati negli Stati Uniti. Nonostante questi ingenti risparmi, la ricchezza delle famiglie europee è inferiore rispetto a quella dei loro omologhi americani, principalmente a causa dei rendimenti più bassi ottenuti dagli investimenti nei mercati finanziari europei.
L’Europa ha il potenziale per mobilitare questi risparmi e trasformarli in investimenti produttivi. Tuttavia, per farlo, è necessaria una maggiore efficienza nel canalizzare il risparmio verso progetti di crescita.
Attualmente, molti imprenditori e investitori europei preferiscono rivolgersi ai mercati finanziari statunitensi, dove le opportunità di crescita e i rendimenti sono maggiormente elevati. Tra il 2008 e il 2021, circa il 30% delle startup europee che hanno superato il miliardo di dollari di valore ha trasferito la propria sede negli Stati Uniti.
Draghi mette in guardia sul rischio che l’Europa possa perdere la sua competitività globale se non riuscirà a migliorare la produttività e a colmare il divario tecnologico con Stati Uniti e Cina. L’innovazione, secondo l’ex presidente della BCE, è uno dei fattori chiave per il futuro economico dell’Europa.
Ma le normative restrittive e incoerenti in molti Paesi membri ostacolano la crescita delle imprese innovative, costringendo molti imprenditori a cercare opportunità di finanziamento e crescita al di fuori dell’Unione.
Per affrontare questa sfida, Draghi propone una serie di riforme volte a semplificare le normative e a favorire la crescita delle imprese tecnologiche in Europa. Uno degli obiettivi principali dovrebbe essere quello di integrare le nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale, nei settori industriali tradizionali, per mantenere l’Europa all’avanguardia nella produzione e nell’innovazione.
Il rischio di una “lenta agonia” economica è reale, ma può essere evitato se l’UE riuscirà a mobilitare le risorse necessarie e a implementare le riforme strutturali proposte.
L’Europa si trova di fronte a una scelta cruciale: agire ora per garantire il benessere delle future generazioni o rischiare di perdere la propria posizione di rilievo nello scenario economico globale. Nonostante già alcuni Stati si siano dissociati da parte delle idee contenute nel rapporto, con il Ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner che ha bocciato l’idea di emettere debito comunitario, dichiarando che “ogni singolo Paese Ue deve continuare ad assumersi la responsabilità dei propri conti pubblici.”
In occasioni passate abbiamo parlato della colonizzazione dell’Italia da parte di altri Stati e della sua lentezza nel progredire rispetto alle potenze alleate e non. Oggi questo rapporto vuole dare una svegliata a un’Unione Europea spesso unita solo dal nome e a parole.
Non rimane che vedere se gli Stati membri vorranno rispettare il significato del nome dell’organizzazione di cui fanno parte oppure, ancora una volta, ognuno deciderà di badare solo ed esclusivamente al proprio tornaconto. Anche se così facendo, altri Stati extracomunitari in crescita e potenze affermate travolgeranno e “colonizzeranno” anche i membri dell’Europa più stabili e affermati.
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La citazione di oggi è la seguente:
Combattere non basta. Lo spirito che portiamo nella lotta è ciò che risolve le difficoltà.
John Garland Pollard