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Un po’ di storia della finanza… La crisi dei mutui subprime e la Grande Recessione: nascita, crescita ed effetti

Ritornando a trattare della storia della finanza, parliamo di una delle più grandi crisi finanziarie di questo millennio: la cosiddetta Grande Recessione.

La crisi ha avuto origine nel 2007 negli Stati Uniti che, negli anni precedenti, avevano assistito a un aumento significativo dei prezzi delle abitazioni, alimentato da un’ampia disponibilità di credito e da pratiche di finanziamento rischiose come i mutui subprime, ovvero prestiti con bassa solvibilità creditizia. Il motivo dietro la concessione di questi mutui è da ricercarsi nella deregolamentazione che caratterizzava il sistema finanziario statunitense fin dalla fine degli anni ’70 del XX secolo, in una nazione dove c’era un altissimo grado di fiducia e il pensiero che le recessioni fossero un concetto lontano e superato.

In quel periodo, i tassi di questi mutui aumentarono in modo significativo, portando alla crisi. Le persone che avevano preso in prestito denaro per acquistare case non erano in grado di far fronte ai pagamenti ipotecari a causa dei tassi di interesse variabili e delle condizioni di prestito svantaggiose.

L’impatto nato nel mondo immobiliare si propagò presto attraverso il sistema finanziario americano, causando la necessità di interventi federali per salvare molte banche dal fallimento, per un totale di 7700 miliardi di dollari fra il 2007 e il 2009. Ma non fu così per tutte. Infatti la Lehmann Brothers, gravemente colpita dalla crisi dei subprime, cercò di vendere i suoi asset e cercare finanziamenti, ma non riuscì a far fronte alla pressione finanziaria che stava affrontando né fu salvata dal governo o da altre istituzioni, fallendo il 15 settembre 2008. La conseguenza immediata fu la perdita in una sola giornata di 1.200 miliardi di dollari di capitalizzazione complessiva nelle borse mondiali in una delle più grandi bancarotte nella storia degli Stati Uniti.

Le conseguenze della crisi si diffusero anche sui mercati azionari e gli indici di borsa, con ingenti crolli che ne conseguirono. Nel periodo compreso fra il 1 gennaio 2008 e il 24 ottobre 2008, l’indice Nikkei scese del 50,03%, il Dax del 46,75%, il CAC 40 del 43,11%, il FTSE 100 del 39,86% e il Dow Jones del 36,83%.

Le economie globali della maggior parte dei paesi europei entrarono in recessione, causando un calo della produzione industriale è diminuita e un aumento della disoccupazione, così come lo scoppio di bolle immobiliari anche in altri stati europei come conseguenza di quella statunitense e un aumento della disoccupazione. Ad esempio, l’Italia ha visto il suo tasso di disoccupazione salire dal 6 al 12% nei 6 anni successivi, ma soprattutto, per quanto riguarda la disoccupazione giovanile è salita dal già alto 21,2% nel 2008 al 46,2% nel 2014.

In generale questa crisi ha portato a forti cali del PIL in quasi tutto l’occidente. Gli Stati Uniti avevano rilevato una crescita del Pil del 2% nel 2007 che fu seguita poi da un crollo del -2,8% l’anno dopo e un periodo di stagnazione nel 2009 con un aumento dello 0,1%. In Europa invece abbiamo assistito a forti riduzioni di Pil fra il 2008 e il 2009 con cali in gran parte del continente, fra i maggiori possiamo registrare:

Lettonia -6,9%;

Irlanda -5,0%;

Estonia -4,7%;

Lituania -4,0%;

Italia -3,1%;

Regno Unito -2,8%.

Nell’eurozona l’inflazione invece rimase più o meno stabile in quegli anni, a seguito degli interventi dell’allora presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet.

Nell’aprile 2009, il Fondo Monetario Internazionale stimò in 4100 miliardi di dollari statunitensi come il totale delle perdite delle banche e altre istituzioni finanziarie a livello mondiale a causa di questa crisi fino a quel punto.

Per rendere l’idea, la cifra colossale delle svalutazioni delle attività delle banche a causa della crisi che era scoppiata corrispondeva a un reddito annuo di 20.500 dollari per 200 milioni di lavoratori.

I governi di tutto il mondo dovettero comunque intervenire per salvare le istituzioni finanziarie in difficoltà e stimolare l’economia attraverso programmi di stimolo fiscale e politiche monetarie accomodanti.

Dopo questa recessione, molti stati continuarono ad assistere alla crisi con vari effetti. In generale gli stati dell’Unione Europea con debito pubblico alto come Italia, Spagna, Grecia, Portogallo e Irlanda avevano subito un forte aumento del loro debito sovrano, tanto da diventare insostenibile rischiando il trasferimento di un rischio di credito ad altri paesi membri. Questo crisi esplose nel 2010 e si diffuse rapidamente in altri paesi dell’eurozona, in particolare nei paesi sopra citati. Questi paesi hanno dovuto affrontare il rialzo dei tassi di interesse sui loro titoli di Stato, il crollo della fiducia degli investitori e una ridotta capacità di finanziarsi sul mercato.

Per evitare il collasso finanziario di questi paesi e proteggere la stabilità dell’eurozona, la Banca Centrale Europea, la Commissione Europea e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) hanno fornito aiuti finanziari e avviato programmi di salvataggio. Sono stati concessi prestiti di emergenza e in alcuni casi sono state attuate misure di forte austerità e riforme strutturali per ripristinare la sostenibilità dei debiti pubblici.

Complessivamente, la crisi scoppiata nel 2007 si è protratta per molti anni, anche con avvenimenti successivi al fallimento di Lehman Brothers e il precedente scoppio della bolla immobiliare. La storia ci deve insegnare a prepararci ad avvenimenti di questo genere, senza lanciarsi verso un inseguimento cieco verso investimenti “sicuri” seguiti dalla massa quando non è mai detto che siano sicuri al 100%. Pertanto è necessario effettuare le scelte dopo attente riflessioni e pianificare a lungo termine.

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I mutui subprime immorali, ma non illegali.
Barack Obama

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