Più di cinque anni fa parlai in una puntata del podcast dei cosiddetti paesi di frontiera e le opportunità di investimento che offrivano. Dal 2019, il panorama economico globale è notevolmente cambiato, influenzato da eventi come la pandemia di COVID-19, tensioni geopolitiche e cambiamenti nelle dinamiche economiche globali.
Per prima cosa, ridiamo una definizione a ciò di cui stiamo parlando. I paesi di frontiera sono nazioni in via di sviluppo che mostrano potenziale per diventare mercati emergenti.
Questi Stati tipicamente offrono opportunità di investimento ad alto rischio ma potenzialmente ad alto rendimento, caratterizzate da economie in rapida crescita, giovani popolazioni e una crescente industrializzazione.
Tutti gli Stati che oggi sono potenze mondiali sono passati attraverso questa fase. Tre secoli fa anche l’Europa occidentale aveva le caratteristiche di un mercato di frontiera, così come lo erano Cina e India nel XX secolo una volta del tutto indipendenti mentre adesso si approcciano a diventare due delle maggiori potenze anche sul piano economico.
Alcuni Stati già classificati come paesi o mercati di frontiera cinque anni fa sono rimasti tali, pur rimanendo promettenti. Uno su tutti il Vietnam che, nonostante la pandemia, ha dimostrato resilienza da punto di vista economico con una crescita del PIL superiore al 5% in tutti gli ultimi 10 anni eccetto i due della pandemia, con un picco dell’8% nel 2022.
Questo attraverso il settore IT e di e-commerce in crescita, così come quello tessile. Tuttavia, entrambi dipendono dalle esportazioni dall’estero quindi se Hanoi vuole salire di grado e diventare un mercato emergente entro l’anno prossimo, come dichiarato, dovrà prestare attenzione a questo aspetto e mostrare una buona economia interna.
Vicino geograficamente all’India, anche il Bangladesh sta facendo progressi significativi con una crescita del PIL media di oltre il 6% negli ultimi 5 anni. Anche Dhaka è trainata dall’industria tessile e i rapporti con l’estero, ma pecca di mancanza di diversificazione economica e un’inflazione che negli ultimi mesi ha raggiunto la doppia cifra.
Se guardiamo all’Africa, un punto focale emergente per investire in quel continente è il Kenya, trasformatosi in un hub tecnologico per il settore fintech e le start-up di quell’ambito. Come negli esempi precedenti, il PIL sta salendo a ottimi ritmi, anni della pandemia esclusi, ma anche Nairobi pecca di carenze di investimenti interni e si basa molto sulle importazioni dall’estero.
Con il tanto tempo passato dalla scorsa volta in cui parlammo dei paesi di frontiera, stanno emergendo anche nuove realtà a questi “confini”. In primis l’Uzbekistan che, dopo aver liberalizzato nel 2016 un mercato fino ad allora ancorato all’era post-sovietica, si sta trasformando in un paese manufatturiero. Questo grazie agli investimenti di compagnie straniere per il settore automobilistico, il gas naturale e soprattutto il cotone grezzo, bene di cui lo Stato è il secondo produttore mondiale dopo solamente gli Stati Uniti.
Tornando in Africa, nonostante la sempre presente leggera influenza francese verso le sue ex-colonie, anche il Senegal sta guadagnando attenzione come destinazione di investimento, apparendo come una delle nazioni meno fragili dal punto di vista politico e democratico.
Tutto ciò oltre a un PIL aumentato in media di oltre il 6% negli ultimi 5 anni pre-pandemia e ripreso a crescere successivamente con il settore industriale, soprattutto per quanto concerne la parte estrattiva, che sta trainando l’economia.
All’interno dell’Unione Europea, anche la Romania continua a mostrare una solida crescita economica, sostenuta da investimenti nei settori IT e manifatturiero. Beneficia della sua posizione strategica e di una forza lavoro qualificata, che attira aziende internazionali.
A 35 anni dal crollo del regime comunista di Ceaușescu e i successivi anni che avevano visto una nazione obsoleta con un’inflazione post-comunista a tre cifre, l’ingresso nell’UE e nel mercato libero stanno riportando Bucarest su una retta via economica, specialmente negli ultimi anni. Con un settore IT in rapida crescita che sta portando lo Stato a voler diventare un hub tecnologico nell’Europa orientale e investimenti esteri diretti che hanno portato a una maggiore crescita della produzione industriale.
Tanto che per il 2024 la crescita del PIL è prevista intorno al 3,5-4%, con una continua espansione dei settori tecnologico e manifatturiero.
I paesi di frontiera, alcuni immutati altri solo recentemente classificati come tali, continuano a offrire interessanti opportunità di investimento, sebbene con un’idea di alto rischio/alto rendimento dietro di essi, a causa della volatilità economica o politica di alcune delle nazioni citate.
La pandemia ha evidenziato l’importanza della resilienza economica e della diversificazione. Mentre alcuni paesi tradizionalmente considerati “di frontiera” stanno gradualmente transitando verso lo status di mercati emergenti, nuovi attori stanno emergendo sulla scena.
Coloro che sono interessati a questi stati dovrebbero considerare attentamente fattori come la stabilità politica, le riforme economiche in corso, la demografia e il potenziale di crescita a lungo termine. Tutti ambiti chiave per uno Stato che vuole affacciarsi al resto del mondo.
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La citazione di oggi è la seguente:
Un mercato emergente è uno Stato dove i mercati sono interessati tanto alla sua politica quanto alla sua economia.
Ian Bremmer