Negli ultimi trent’anni la globalizzazione ha aumentato e sviluppato, in modo esponenziale, la crescita economica mondiale. Questo è stato un bene oppure un male?
Cerchiamo di capire quelli che sono stati gli aspetti positivi e quelli negativi, che proprio in questo periodo sentiamo maggiormente.
Possiamo definire la globalizzazione come un processo che permette di produrre, comprare e vendere in ogni parte del mondo. Un processo che ha permesso alle persone e ai prodotti, di muoversi con grande facilità e velocità, partito con lo sfruttamento di quei paesi dove la manodopera era a basso costo, in primis la Cina e molti paesi dell’Europa, dell’est e del sud est asiatico.
Tutto è stato reso più facile, le grandi potenze economiche hanno iniziato a produrre in quei paesi definiti “emergenti”.
Questo ha significato un grosso risparmio da un punto di vista economico, aumentando la ricchezza globale. Anche in quei paesi che, ormai da tempo, non sono più emergenti ma delle economie consolidate. Come Cina e India.
Sono state abbattute molte barriere per quanto riguarda gli scambi, ma anche per quanto concerne la circolazione di persone e capitali.
Lo sviluppo tecnologico ha ulteriormente accelerato questi processi, tutto è diventato vicino e veloce.
Il concetto di globalizzazione era comunque un qualcosa già conosciuto agli inizi del 1900, un freno arrivò dalla crisi del’29 che coinvolse tutte le economie mondiali.
Successivamente, dopo la seconda guerra mondiale, ci fu di nuovo la spinta che ha portato alla fase di globalizzazione odierna, trainata dalla ricerca estrema di ricchezza.
Questa sempre più spasmodica ricerca del benestare ha avuto effetti positivi, ma adesso la stiamo pagando decisamente cara?
La ricchezza si è basata sullo sfruttamento di risorse, in quei paesi dove non c’è stata una regolamentazione in materia d’inquinamento, e di persone, sottopagate e sfruttate.
Poi, come detto precedentemente, molti di quei paesi hanno creato ricchezza interna e ad oggi stanno cambiando l’ordine delle gerarchie economiche mondiali.
È aumentato il benessere ma sempre più concentrato in pochi, creando disuguaglianze e divari.
Il 10% della popolazione detiene il 76% di tutta la ricchezza mondiale.
Dal World Inequality Report del 2022, si evidenzia come negli ultimi 30 anni i ricchi siano diventati sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
Queste disuguaglianze sono ai massimi storici: dal 1990 l’1% più ricco della popolazione ha preso possesso del 38% della ricchezza accumulata. Mentre il 50% più povero solo il 2%.
Oggi il 10% della popolazione mondiale possiede il 76% della ricchezza complessiva, tra l’altro la pandemia ha accelerato questo processo. Tutto ciò sta causando la diminuzione della ricchezza del cosiddetto ceto medio, portando il reddito annuo del 10% della popolazione mondiale a 87.200€, contro il 50% della popolazione più povera che ne ha uno di appena 2.800€ annui.
Purtroppo siamo arrivati a un livello tale che pensare ad uno stravolgimento della globalizzazione è difficile. Ma la pandemia prima e il conflitto in Ucraina adesso stanno cambiando diversi parametri soprattutto in Europa.
Abbiamo prodotto in quei paesi dove era più conveniente, adesso non riusciamo a produrre beni di prima necessità industriali e personali.
Creato economie basate sul consumismo estremo, quello che si guasta oppure è superato lo dobbiamo cambiare. Anche se può essere riutilizzato.
Non abbiamo investito in risorse alternative e abbiamo importato materie prime energetiche e agricole perché ci costava meno, non facendo nessun processo vero di transizione energetica e alimentare.
Questo adesso lo stiamo pagando a caro prezzo.
Possiamo annullare la globalizzazione? No.
Possiamo iniziare a cambiare il nostro modo di produrre e di consumare? Si.
Però dobbiamo darci una bella svegliata, non c’è più tempo.
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La globalizzazione è stata per il capitalismo una tappa decisiva sulla strada della scomparsa di ogni limite. Infatti permette di investire e disinvestire dove si vuole e quando si vuole, in spregio degli uomini e della biosfera.
Serge Latouche