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La giapponizzazione dell’Europa

Oggi cercheremo di analizzare la situazione dei tassi d’interesse in Europa e le similitudini con il Giappone, che raggiunge i 20 anni a tasso zero.
Nonostante una differenza assoluta, in termini sociali, culturali e politici, 20 anni fa il Giappone è stato il primo paese a portare i tassi a zero per cercare di dare impulso all’economia e successivamente la Banca centrale del paese del Sol Levante, iniziò il Quantitative Easing.
Cioè la modalità con la quale la Banca Centrale interviene sul sistema finanziario, per dare ulteriore impulso alla crescita economica aumentando la moneta in circolazione.
Tutto questo è stato poi adottato in Europa negli ultimi 5 anni, sino ad arrivare alla situazione attuale di tassi negativi.

Ricostruiamo quanto accaduto in Giappone e le differenze con i paesi dell’Unione Europea.
I tassi a zero sono stati utili per cercare di stimolare le imprese e i consumatori a indebitarsi, le prime per effettuare investimenti per la crescita, i secondi per l’acquisto in beni durevoli come le case.
Tutto questo ha portato in venti anni all’aumento del rapporto debito/PIL dal 60% al 250%.
Nonostante ciò, lo Yen è considerata una valuta forte e un bene rifugio quando i mercati iniziano a presentare volatilità.
Come sembra possibile che tutto questo possa rimanere in piedi?
I titoli di Stato giapponesi, emessi per finanziare il debito, sono per la quasi totalità detenuti da banche e istituzioni finanziarie, come i fondi pensione, che non vendono i titoli e li mantengono sino alla scadenza. Permettendo così di tenere i prezzi stabili.
Questo ha generato una notevole massa monetaria e al contrario di quanto sarebbe teorico aspettarci, un modesto rialzo dell’inflazione.
Oltre al fatto che gli interessi per il debito pubblico, essendo a zero, incidono per poco più del 10% delle entrate del paese, a livello di spesa.
Per alcuni analisti questo potrebbe generare un circolo vizioso portando il Giappone in un vortice preoccupante, per altri oramai la situazione è talmente stabilizzata che permette di mantenere questo livello del rapporto debito/PIL.
Principalmente perché anche se il debito è enorme, è tutto in Yen e detenuto in casa.

Ma veniamo all’Europa, tutto questo sarebbe percorribile anche da noi?

Personalmente, ritengo che la situazione di tassi bassi andrà ancora avanti per un po’ di tempo, troppe le incertezze sulla crescita.
Siamo un’unione di forma e non di fatto, troppe le differenze dei singoli paesi per arrivare ad una giapponizzazione completa.
Il debito pubblico sarà costantemente monitorato e sarà la cartina di tornasole dei singoli paesi.
Sicuramente l’Europa avrà un problema uguale al Giappone, ed è quello legato all’aumento dell’età demografica della popolazione.
Entrambe queste aree sono quelle che avranno un maggior aumento dell’età media delle persone, collegato ad una bassa crescita demografica.
Senza crescita demografica, aumentando anche i costi delle persone per curarsi e per le pensioni, non ci può essere crescita economica.
Questo è il più grosso problema che dovremo affrontare nei prossimi decenni se non si intravede un cambiamento di rotta. Che può avvenire, in parte, con l’introduzione di mano d’opera dall’estero, però ci deve essere anche un cambiamento fiscale e d’incentivazione per le aziende.
Come diceva Lucio Battisti, “Lo scopriremo solo vivendo”.

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Era gente così primitiva che non sapeva come guadagnare, se non lavorando.
Joseph Addison

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