L’argomento che ha tenuto campo questa settimana è stata la Superlega calcistica e l’intervento nel capitale della banca americana J.P. Morgan.
Secondo quanto riportato dal Financial Times, J.P. Morgan avrebbe dovuto sostenere il progetto con un prestito da 3,5 miliardi di euro, a scadenza 23 anni, ad un tasso del 2-3%.
Ricordiamo che la Superlega europea era un progetto portato avanti dai club più importanti e ricchi nel panorama europeo.
Praticamente una sorta di Champions League continua, con regole un po’ discutibili in quanto i club fondatori avevano diritto alla partecipazione continua, indipendentemente dai risultati calcistici. Insomma solo per i club più importanti.
Con questa analisi non entreremo nell’aspetto sportivo, ma quello che sarebbe stato l’impatto sulla stessa J.P. Morgan e sui club fondatori.
La settimana è iniziata con il comunicato della nascita della Superlega composta da 12 club fondatori, più altri 3 nel corso della stagione, Arsenal, Atletico Madrid, Barcellona, Chelsea, Inter, Juventus, Liverpool, Manchester City, Manchester United, Milan, Real Madrid e Tottenham.
La banca americana avrebbe finanziato l’operazione con un apporto iniziale di 3,5 miliardi di euro, soldi che sarebbero finiti nelle casse dei club fondatori per sostenere i piani d’investimento per le infrastrutture.
In realtà, tutto ciò è stato fatto per ammortizzare l’impatto della pandemia che fatto lievitare il rosso in bilancio della maggior parte della squadre calcistiche. Debiti aumentati per la mancanza di introiti dalle partite, dal merchandising e da tutto il flusso che generavano i tifosi.
Oltre a un calo di interesse e di sponsor.
La nascita della Superlega avrebbe generato ricavi, molti anche dai diritti TV, che sarebbero confluiti nelle casse dei club aderenti.
Oltre a J.P. Morgan, parte del progetto sarebbe stato finanziato anche da Key Capital, società che indirettamente rientra nell’orbita di Florentino Perez, il presidente del Real Madrid.
Uefa, tifosi e governanti in rivolta hanno fatto naufragare il progetto.
A questo punto le squadre aderenti hanno iniziato a defilarsi e infine anche J.P. Morgan ha annunciato l’abbandono del progetto. Sulla scia del declassamento da parte di Standard Ethics per quanto riguarda le pratiche di sostenibilità non conformi.
Standard Ethics è un’agenzia di rating, indipendente, che analizza il merito creditizio di una società legato all’etica, la sostenibilità e la governance.
I protagonisti che si volevano sedere a questo tavolo pensavano, come unico scopo, soltanto all’aspetto finanziario e assolutamente non a quello sportivo.
I club per rimettere in ordine i loro bilanci, i finanziatori per assicurarsi gli introiti derivanti dal “circo” che si sarebbe generato.
Come ci siamo detti spesso ogni operazione finanziaria va sempre analizzata nel suo insieme, sia dal punto di vista dell’obiettivo che da quello della reale valutazione dell’investimento.
Inoltre con quelli che sono gli attuali standard ESG, cioè di sostenibilità negli investimenti, saranno sempre più visti come “non etici” gli investimenti che non rispettano certi parametri.
Il mondo del pallone è gonfiato, ha raggiunto valutazioni e artefizi da assoluta bolla finanziaria e, come tutte le bolle, se ne deve stare alla larga. Ma soprattutto va regolamentato in modo che possa essere sostenibile per i bilanci delle squadre.
Dopo una settimana potremmo dire, molto rumore per nulla. Più che altro la banca americana e gli stessi presidenti delle squadre di calcio non hanno fatto una gran figura.
Anzi, è stato definitivamente tolto il coperchio da un pentolone che bolliva e che fa uscire acqua da tutte le parti.
La cosa non finirà certamente qui.
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Generalmente una persona ha due ragioni per fare una cosa. Una delle due ragioni ‘sembra’ quella vera, e l’altra ‘lo è’.
John Pierpont Morgan (il cui pseudonimo è J. P. Morgan)