Questa settimana continuiamo la nostra serie di spiegazioni per quanto riguarda alcune nozioni di prodotti e termini del settore. In questo caso entreremo nell’ambito dei primi per avere una migliore idea di quello che ci circonda quando investiamo, parlando dei cosiddetti ETP.
Per prima cosa, poiché le sigle sono frequenti in finanza, scomponiamo questa: l’acronimo corrisponde all’inglese Exchange Traded Products e si riferisce a strumenti finanziari di natura passiva, cioè che derivano da andamenti esterni al prodotto in questione. Una forma di investimento nata nel 1993.
Sebbene gli ETP possano assumere diverse forme di cui parleremo fra poco, tutti presentano delle caratteristiche comuni fra loro.
In primis, sono quotati in mercati regolamentati con autorità che si accertano della loro disciplina (nel caso dell’Italia, la Consob è l’associazione che si occupa di questa regolamentazione), sono prodotti negoziabili, come un’azione, nel corso degli orari di apertura degli scambi nelle borse, presentano soggetti che forniscono liquidità ai relativi mercati e hanno come obiettivo quello di replicare fedelmente la performance di un indice di riferimento o un’attività sottostante.
I generi di prodotto più conosciuti di questo genere sono gli ETF, gli ETC e gli ETN. Tutti aventi lo stesso obiettivo e funzione, ma con metodologia diversa che li suddivide in varie categorie. Analizziamo, in ordine, le loro caratteristiche.
Gli Exchange Traded Funds, o ETF, fanno parte dei cosiddetti OICR (Organismi di investimento collettivo del risparmio) e rispondono ad una logica di diversificazione del proprio portafoglio, consentendo l’accesso, tra gli altri, a indici azionari con varie classificazioni, indici su commodity, mercati obbligazionari e mercati monetari.
Le Exchange Traded Commodities, o ETC, consentono di investire in materie prime e differiscono dagli ETF perché non sono OICR, ma titoli senza scadenza emessi da una società veicolo a fronte dell’investimento diretto nella materia prima o in contratti su merci stipulati dall’emittente con importanti operatori internazionali.
Questi prodotti consentono l’accesso, tra gli altri, a singole materie prime come ad esempio oro, petrolio, prodotti agricoli e metalli industriali oppure a panieri contenenti “blocchi” di materie prime dello stesso settore.
Infine ci sono gli ETN, Exchange Traded Notes. Questi strumenti finanziari (più precisamente dei titoli senza scadenza) si basano sull’investimento diretto dell’ente emittente, in maniera diversa dalle commodities, o su contratti derivati sul medesimo. Questi forniscono quindi accesso utilizzando un titolo non collateralizzato, cioè privo di vincolo da parte di chi lo ha rilasciato.
Tuttavia, gli ETN sono soggetti al rischio di credito dell’emittente e quindi influenzati dal rating creditizio degli stessi, in quanto non hanno attivi segregati (ovvero non vi è la possibilità di rivalersi su attività di elevata qualità appositamente destinate al riguardo) e, in genere, non sono garantiti legalmente.
Per replicare l’andamento di un indice di riferimento o di un attivo sottostante gli ETP, essendo investimenti passivi, possono strutturarsi in due modi differenti: presentando con una cosiddetta replica fisica o con una replica sintetica.
La replica fisica si ha quando l’ETP acquista ciò che deve replicare (ad esempio, nel caso di un indice azionario, il paniere delle azioni che lo compone). È leggermente diversa tra prodotti che replicano un indice di riferimento o quelli che replicano una materia prima.
Quando si investe in questi prodotti, comprendere tale diversità è un aspetto importante in quanto incide sui rischi, sui costi e sull’accuratezza con cui questi replicano l’indice o l’azione.
Invece gli ETP vengono detti sintetici quando utilizzano uno strumento derivato per replicare l’andamento dell’indice sottostante. Il suo uso espone il prodotto al rischio di inadempimento del prodotto, ragione per la quale molti di questo prodotti sintetici sono precedentemente garantiti. Il che a volte ne aumenta i costi dell’investimento.
Si ha una replica completa quando tutte le attività sottostanti sono detenute in proporzione pari al peso che hanno nell’indice che viene replicato. Invece, nel caso della cosiddetta replica a campione, il prodotto detiene un campione di alcuni componenti dell’indice.
Nel caso di replica sintetica, l’ETP in questione non detiene gli attivi sottostanti che il prodotto intende replicare. Se quindi una controparte non adempie agli obblighi contratti, il prodotto non fornisce il rendimento dell’attivo che intende replicare, il che può anche esporre gli investitori a perdite.
Tenendo presente che replicano i movimenti di prezzo dell’indice di riferimento o dell’attivo sottostante, gli ETP sono soggetti alla volatilità dei mercati sui quali si basano. Per la loro particolare struttura, possono non essere in grado di replicare esattamente il mercato, assistendo a un possibile scostamento di performance.
Una caratteristica notevole degli ETP è la loro idoneità ad essere inclusi in veicoli pensionistici come i SIPP (Self-Invested Personal Pensions, le pensioni personali) e gli ISA (Individual Savings Accounts, conti di risparmio personali), rendendoli strumenti interessanti per gli investitori a lungo termine nel Regno Unito.
Includono anche prodotti finanziari specializzati come quelli “short” e “leverage”. Questi permettono agli investitori di puntare rispettivamente sulla diminuzione o sull’aumento accelerato del valore degli attivi sottostanti senza la necessità di finanziamenti diretti, trading di opzioni o l’uso di conti a margine, facilitando così operazioni speculative o di copertura con una complessità e un rischio gestibili.
In conclusione, gli ETP si configurano come strumenti versatili che combinano la praticità e l’accessibilità del trading azionario con le strategie d’investimento tipiche dei fondi, offrendo una soluzione per chi ricerca flessibilità e diversificazione del portafoglio.
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