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Un po’ di storia della finanza… La grande bolla del mercato azionario cinese del 2015: Anatomia di una crisi finanziaria

Dopo aver parlato per molte settimane del presente, facciamo un passo indietro e trattiamo di avvenimenti del passato. Anche se stiamo pur sempre parlando di solo 8 anni e mezzo fa: la bolla del mercato azionario cinese del 2015.

Prima di arrivare a questo “scoppio”, è importante capire il contesto economico in cui si trovava la Cina. Con un accesso facilitato al credito, che ha portato a un eccessivo flusso di denaro nel mercato azionario.

Gli investitori, spinti dall’entusiasmo e dalla paura di perdere opportunità, hanno investito massicciamente, causando un aumento irrazionale dei prezzi delle azioni.

Negli anni precedenti il governo di Pechino aveva adottato politiche economiche aggressive per stimolare la crescita, tanto che in 12 mesi, prima del crollo, l’indice CSI (China Security Index) 300 presente alle Borse di Shanghai e di Shenzen era salito di oltre il 150%. Rappresenta i 300 principali titoli al livello di capitalizzazione in queste due Borse.

Molto di questo aumento era avvenuto grazie alla vera e propria corsa all’acquisto da parte dei risparmiatori cinesi. I quali, anche rassicurati dalla stampa governativa, avevano infatti iniziato a investire in azioni in modo sconsiderato, oltretutto utilizzando in molti casi la leva finanziaria fornita da alcuni broker.

Questo aveva creato una sorta di castello dalle fondamenta molto deboli. Infatti, ai primissimi segnali di un potenziale rallentamento dell’economia cinese, questi risparmiatori che avevano investito si ritirarono, in preda al panico, e causarono lo scoppio della bolla.

Vari analisti avevano messo in guardia da questa crescita che sembrava incontrollata ma il 12 giugno 2015 iniziarono le vendite, innescando la corsa verso il basso. Ciò causò un crollo vertiginoso dell’indice CSI 300, il cui valore diminuì di quasi il 30% in un mese.

Le autorità cinesi cercarono di fermare la discesa e evitare che si diffondesse ulteriore panico, apparentemente senza molto successo, in quanto l’indice continuò a scendere per tutta l’estate.

Furono vietate le quotazioni in Borsa di nuove aziende e ci fu l’autorizzazione di nuovi metodi di indebitamento per permettere agli investitori di avere maggiore liquidità.

Quando la situazione si era fatta molto grave furono sospese obbligatoriamente le contrattazioni di moltissimi titoli. Tanto che, al massimo della discesa, non era possibile comprare o vendere circa il 70% delle azioni presenti alla Borsa di Shanghai.

Questa caduta non lasciò incolumi neanche gli altri vicini mercati asiatici. Nonostante di entità minore, anche gli indici di Hong Kong e di Tokyo non furono esenti da un periodo di flessione dei loro valori che ne rallentò la crescita.

Le autorità di Pechino non si limitarono a cercare di salvare il salvabile, come già detto, ma ebbero problemi anche a gestire il giustificare di questi eventi.
Basti pensare che solo nei primi tre mesi quasi 200 persone furono arrestate per “aver fatto circolare rumor” riguardo il crollo del mercato. Una pena che condannava gli imputati a tre anni di prigione, ove giudicati colpevoli, per il così detto “insider trading”.

La bolla non si fermò. Con il calo dell’indice cinese anche lo yuan, la valuta del paese del Dragone, perse valore.
Il 24 agosto, dopo un calo della settimana precedente nei mercati americani dovuta anche al calo dello yuan, il CSI 300 registrò un crollo dell’8,5% solo in quella giornata seguito da un -7% il giorno dopo.

L’andamento dell’indice dal 29 ottobre 2014 al 14 gennaio 2016, con i relativi volumi di scambio. Fonte Investing.com https://it.investing.com/

Altre misure adottate dal governo, alcune simili al “quantitative easing” adottato dall’Unione Europea qualche mese prima, non aiutarono la bolla a cessare di esistere. Tanto che alcuni analisti iniziarono a chiamare questa crisi “il 1929 cinese”, ricordando il crollo della borsa di Wall Street che portò alla Grande Depressione in tutto l’Occidente.

Questa bolla azionaria ha evidenziato la necessità di regolamentazioni più strette e di un controllo più efficace sulle attività del mercato finanziario, con l’influenza che ha avuto sulle politiche economiche e finanziarie cinesi negli anni successivi.

In generale, ci ricorda l’importanza di una solida educazione finanziaria e di una comprensione critica dei mercati.

Con i media nazionali cinesi che incoraggiarono i risparmiatori, anche piccoli ma soprattutto inesperti, a investire in maniera da far aumentare il valore del loro mercato fino all’esplosione di questa bolla che causò ingenti perdite soprattutto ai suddetti.

Questi ultimi si erano fidati senza aver fatto un’adeguata ricerca o pianificazione, erano riusciti ad ottenere prestiti difficili da restituire nel caso in cui qualcuno o qualcosa avesse cambiato le carte in tavola, come è avvenuto. Finendo così per ritrovarsi indebitati o costretti a utilizzare molti dei propri risparmi per coprire quanto speso.

Mai andare “all in” con i propri investimenti, anche quando l’euforia regna sovrana su un qualunque mercato è obbligatorio rimanere in controllo delle proprie emozioni e non farsi travolgere dall’effetto gregge.

Onde evitare rischi di venire poi colpiti dallo scoppio di una bolla, come fu in questo caso.

 

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