Quando analizziamo due asset finanziari, è importante valutare anche il loro grado di correlazione.
Per l’esattezza il coefficiente di correlazione analizza quello che è il grado di correlazione tra due variabili e questo ci fa capire quanto sono diversi i due strumenti presi in esame e di conseguenza come potremmo suddividere il nostro capitale da investire.
E questo a cosa ci servirebbe?
Ci serve per valutare la diversificazione e in questo modo cercare di mitigare la volatilità, argomento trattato nei precedenti episodi.
In questo modo possiamo decidere la ripartizione tra asset a basso rischio e alto rischio.
Entriamo nel dettaglio su come si valuta questo coefficiente.
Il valore è tra -1 e +1 e valuta l’intensità degli strumenti finanziari in base al mercato di riferimento:
- quando è positiva i due strumenti finanziari analizzati si muovono nella stessa direzione del mercato (salgono o scendono allo stesso modo);
- quando è negativa i due strumenti finanziari si muovono in direzioni opposte (uno sale, l’altro scende);
- quando è intorno alla parità gli strumenti finanziari si muovono in maniera indipendente rispetto al mercato di riferimento.
Quindi prendendo un asset Y e un asset Z, per fare un esempio pratico:
- se Y aumenta del 5% e anche Z aumenta del 5%, hanno correlazione positiva di +1 e risultano perfettamente correlati;
- se Y aumenta del 5% e Z rimane invariato, non c’è correlazione;
- se Y scende del 5% e Z sale del 5%, hanno correlazione negativa di -1 e risultano perfettamente non correlati.
All’interno di un portafoglio sarebbe preferibile avere asset correlati negativamente o con nessuna correlazione, in modo da avere un portafoglio diversificato e meno volatile.
Di seguito una tabella riepilogativa per avere un’idea del livello di correlazione tra indici, materie prime e obbligazioni governative:
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L’opinione comune è che i mercati hanno sempre ragione. Io sono dell’opinione opposta. Io parto dal presupposto che i mercati hanno sempre torto.
George Soros