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L’aumento del costo delle materie prime, in conseguenza al conflitto in Ucraina, ha ulteriormente accelerato il processo di rialzo dei tassi d’interesse per contrastare l’impennata dell’inflazione.

Negli Stati Uniti, la FED ha previsto un aumento dei tassi di 0,50% a giugno e luglio e di ulteriori 0,25% durante gli incontri periodici del FOMC (Federal Open Market Committee).

Quindi potremmo vedere dai quattro ai sei rialzi da qui alla fine dell’anno, per arrivare indicativamente ad un valore compreso tra il 2,75% e il 3%.

Preoccupa molto la crescita dell’inflazione così repentina, ai massimi degli ultimi 40 anni, dobbiamo però dire che gli Stati Uniti si trovano anche in una fase di forte crescita con la disoccupazione ai minimi e con crescita dei salari.

Questa crescita ha cambiato, più velocemente, l’approccio della FED alla frequenza e l’entità dei rialzi, che potrebbero incidere sulla crescita economica nei prossimi anni se l’inflazione non avrà un freno.

Il rialzo dell’inflazione dovrebbe rientrare già dal prossimo anno per poi stabilizzarsi a livelli più bassi, considerato un fenomeno causato principalmente dall’aumento del costo delle materie prime energetiche. Quelle che incidono sulla produzione.

Quindi un rialzo dei tassi in questo momento, negli USA, è meno impattante nell’economia ma è obbligatorio per combattere una elevata inflazione non prevista.

Per lo stesso motivo siamo nella stessa situazione in Europa ma con la differenza, rispetto agli Stati Uniti, che non ci troviamo in una fase di aumento dei salari e crescita economica. Anzi la disoccupazione è in aumento, prima il Covid e poi il conflitto stanno minando la crescita che ci si stava aspettando post pandemia.

Il rialzo dei tassi è molto meno accentuato e previsto più lento, perché gli effetti sulla flebile crescita sarebbero ben più impattanti.

Questo rialzo però preoccupa la BCE per quanto possa incidere sulla crescita economica e sul debito pubblico dei singoli Stati, se dovesse durare più a lungo.

Si rialzano i tassi nei momenti di crescita economica e di crescita dell’inflazione, si riducono quando si vuol dare impulso alle economie in stagnazione o recessione.

Lo abbiamo detto in altre circostanze, un rialzo moderato dell’inflazione e dei tassi è positivo in una fase di crescita economica.

Oggi quello che incide, è la crescita inaspettata dei costi dell’energia.

Con i tassi bassi le aziende e i privati hanno meno interessi da pagare accedendo al credito, questo per dare maggior impulso, quando l’economia riparte aumentano i tassi per dare stabilità all’inflazione.

Storicamente o per lo meno nella maggior parte dei casi, dopo un periodo di rialzo dei tassi si sono verificati periodi di recessione, però ribadiamo che questo rialzo è causato da una situazione anomala rispetto allo standard.

Dobbiamo dire che negli ultimi anni i periodi di recessione sono sempre stati inferiori ai precedenti, i cicli economici nel loro insieme sono sempre più veloci.

I mercati azionari, se c’è crescita, non vengono influenzati negativamente dal rialzo dei tassi d’interesse.

Cosa che invece accade sul fronte obbligazionario, quando i tassi salgono il prezzo scende e viceversa.

In questa situazione, il mercato obbligazionario è maggiormente sotto pressione e non è detto che il mercato azionario presenti rischi maggiori.

Riepilogando, il rialzo dei tassi è dannoso senza crescita economica perché:

  • Gli Stati devono emettere titoli a tassi più elevati, pagando più interessi questo incide sul debito pubblico;
  • Mutui e prestiti hanno tassi più alti, quindi che deve finanziarsi paga più interessi. Di conseguenza ha meno liquidità da indirizzare ad altre spese;
  • Stesso discorso per le aziende che devono finanziarsi a tassi più alti pagando maggiori interessi.

Per avere un’idea di quanto può variare il prezzo delle obbligazioni, in funzione dei tassi d’interesse, e quanto incide sulle varie scadenze per esempio dei BTP, guardiamo la seguente tabella:

In Italia i rendimenti sono bassi, consideriamo che per un mutuo a tasso fisso scadenza 30 anni siamo ancora a valori abbondantemente sotto il 2%.

Analizziamo i rendimenti dei titoli di Stato alle varie scadenze:

Come possiamo vedere, il rendimento dei titoli di Stato italiani a scadenza entro i 12 mesi continua a essere in negativo e il rendimento del Bund tedesco è ancora poco sopra la parità.

I Treasury americani esprimono rendimenti più alti per i motivi che abbiamo spiegato precedentemente.

I prossimi mesi saranno cruciali per capire quello che sarà l’andamento e le strategie delle Banche Centrali, sicuramente una risoluzione del conflitto in tempi accettabili sarebbe fondamentale per migliorare questa situazione, in merito ai costi dell’energia e il rialzo dell’inflazione.

Non scordiamoci che per mantenere un corretto approccio agli investimenti è fondamentale adattarsi alle situazioni mutevole dei mercati, ma senza perdere i nostri obiettivi e l’orizzonte temporale.

Veniamo da un periodo di tassi a zero abbastanza lungo e dobbiamo valutare soprattutto quelli che saranno i megatrend del futuro.

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