Questa settimana l’evento principale di cui tutti i media hanno parlato riguardante la politica italiana è stata la respinta della riforma del MES da parte della Camera dopo essere passata al Senato, con non poche lamentele considerando che l’Italia è l’unico paese dell’area euro che aveva accettato ma ancora non ratificato questo cambiamento. Mettendo in luce i conflitti sia interni al nostro paese che interni all’Eurozona che questo rifiuto comporta, in particolare per quanto comporta la gestione delle crisi finanziarie e bancarie. Con alcuni paesi come l’Italia ancora memori del ricorso alle discusse misure di austerity utilizzate circa dieci anni fa.
Prima di addentrarci in cosa è stato respinto e cosa rimane, ricordiamo di cosa stiamo parlando.
Il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) è un’istituzione intergovernativa creata dai paesi dell’area dell’euro per affrontare le crisi e promuovere la stabilità della zona. È stato istituito nel 2012 come successore temporaneo del Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria e del Meccanismo Europeo di Stabilizzazione Finanziaria.
Storicamente la sua funzione primaria è quella di fornire assistenza finanziaria ai paesi in difficoltà finanziaria, in cambio dell’attuazione di riforme economiche e fiscali che ripristino la stabilità finanziaria, tramite prestiti o acquisti di titoli di Stato. La sua capacità di prestito è supportata dai contributi dei paesi membri dell’area dell’euro, dove l’Italia fornisce il terzo contributo più alto dopo Germania e Francia con circa il 17% del contributo totale.
Il MES è stato al centro di dibattiti e critiche, colpevole di forzare condizioni per i prestiti troppo severe e che possono portare a misure di austerità dannose per le economie nazionali. Altri sottolineano la sua importanza nel mantenere la stabilità finanziaria nell’area dell’euro e nel prevenire il contagio delle crisi.
L’esito delle Camere blocca un cambiamento del MES che avrebbe voluto fare da paracadute agli istituti bancari europei in caso di crac finanziari, nel caso questi non siano in grado di farlo con le proprie risorse. Introducendo un meccanismo di sicurezza comune per il Fondo Unico di Risoluzione e la modifica delle norme sulla ricapitalizzazione diretta delle banche.
Ciò fa rimanere congelati quei 709 miliardi che compongono il capitale sottoscritto del MES, con quasi 81 miliardi versati dagli Stati membri che formano una sorta di fondo di sicurezza. Rimanendo invece alla versione attuale di questo meccanismo per combattere l’eventuale sorgere di problemi come in passato, quando è stato fatto ricorso a questo strumento per assistere paesi in crisi come fu la Grecia, ovvero raccogliendo fondi attraverso strumenti di debito per poter offrire assistenza finanziaria in caso di necessità.
È facile immaginare che a Bruxelles non abbiano preso benissimo questo rifiuto, che impedisce l’entrata in vigore di questa riforma già il prossimo 1 gennaio, dato che sarebbe stata necessaria la ratifica unanime da parte di tutti gli Stati dell’area euro.
Paschal Donohoe, presidente irlandese dell’Eurogruppo, ovvero il centro di coordinamento che riunisce i ministri delle finanze degli stati membri dell’Eurozona, ha accusato l’Italia di mettere a repentaglio “la rete di sicurezza comune”, dopo la bocciatura da parte della Camera della ratifica del nuovo trattato del MES. Oltre a definire “deplorevole” il fatto che non sia stato possibile realizzare “una pietra miliare importante verso il completamento dell’unione bancaria”. Concludendo che “La finalizzazione della riforma è un elemento chiave della nostra rete di sicurezza comune nell’area dell’euro, a vantaggio di tutti i paesi membri”.
A Montecitorio molti politici che hanno votato contro la ratificazione di questa riforma, o si sono astenuti dal votare, hanno giustificato tale scelta definendo il MES come una sorta di sistema che cercherebbe di “mettere la museruola” all’Italia se utilizzato, forse a causa delle regole di austerità e delle richieste che il suo utilizzo implicherebbe.
Tuttavia, affermazioni di questo genere si scordano che questo meccanismo è già presente e già può essere utilizzato, a prescindere dall’esito di questa ratifica e che delle regole collegate ad esso già ci sono, così come ci sono regole economiche collegate alla spesa e al debito che l’Unione Europea ci chiede di rispettare sin dalla sua nascita. La pandemia e la sospensione di queste regole a causa di essa potrebbero averlo fatto dimenticare, nonostante esse non siano state rimosse e ancora l’Italia, come gli altri Stati membri, debba seguirle con i suoi pro e contro.
Soprassedendo l’esito di questa settimana dal punto di vista della nostra politica interna, considerando che la maggioranza di governo non ha votato in totale unanimità correndo il rischio di aprire potenziali crepe al suo interno, dal punto di vista finanziario si tratta di un’occasione sprecata. Nonostante alcuni detrattori parlino della mancata ratifica come se si trattasse della sparizione del MES o di un suo fallimento.
Che si sia a favore o contro l’utilizzo o cambiamenti del Meccanismo Europeo di Stabilità, questo esito non dà all’Italia una buona nomea con gli altri paesi dell’Eurozona. Come un incomodo che ha “guastato la festa”, essendo come detto l’unico Stato rimasto. Un risultato che potrebbe tornarci scomodo in termini di alleati a Bruxelles, riscontrando Stati Euro più riluttanti a collaborare.
Questa è probabilmente la sconfitta maggiore. Magari non ci sarà bisogno del MES, nella versione attuale o un giorno riformata, ma isolarsi con scelte di questo genere non è conveniente.
Come spesso abbiamo detto, anche i nostri governanti di un po’ tutti gli schieramenti hanno mostrato una carenza di pianificazione sia finanziariamente che politicamente.
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